Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/156

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142 parte seconda.

economica e morale dello Stabilimento, egli avrebbe adottato uno stretto rigore di giustizia e di amministrazione per raggiungere il pareggio del bilancio e risollevare il prestigio dell’Istituto.

La fratellanza, accorsa numerosa come non mai da gran tempo era avvenuto, udi con grande attenzione le parole franche e severe dell’onorevole Pepe, le quali, avendo rivelato piaghe profonde e tracciato i rimedii opportuni, riscossero viva adesione.

Le condizioni deplorabili di quell’importante Luogo Pio non ci giungono nuove. Pur troppo, pel passato, si era invano domandato un rimedio; ma oggi si può confidare nell’opera onesta e solerte dell’onorevole Pepe.»

Ed ecco l’articolo del Diritto, 21 marzo:

«Abbiamo in Italia un patrimonio di circa un miliardo e mezzo, la cui condizione si può riassumere in questi termini:

Gestione arbitraria; irresponsabilità degli amministratori; sorveglianza derisoria; destinazione di una parte dei redditi a fini contrarii al bene pubblico, o in aperta opposizione colle necessità e le esigenze della società moderna.

Questo è il patrimonio di quegli Istituti e Lasciti che la legge chiama, con linguaggio che serba l’impronta delle secolari usurpazioni ecclesiastiche, Opere Pie.

Si vogliono fatti? Eccoli: scegliamo a caso, nelle Statistiche pubblicate dal Ministero dell’Interno.

Nel 1873 su circa 25,000 Istituti, Lasciti o Enti morali con fini di beneficenza, solo 5236 avevano