Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/293

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ancora dei rimedii. 279

penetrare negli abissi di miseria, che pure esistevano ai suoi tempi.

Egli temeva che l’insana ferocia che privo i Comunisti francesi della ragione e del pudore (al punto di spingerli a lacerare, distruggere, violare, profanare sotto gli occhi dell’invasore cose e persone che l’invasore avea rispettate), avesse potuto trasfondersi per contagio negl’Italiani.

E la sola idea della cosa lo trafisse come mortal ferita.

«Piuttosto la schiavitù d’un terzo sopra voi (egli prorompeva), che veder voi stessi invasi dal demonio di odio e di vendetta gli uni contro gli altri.»

E per allontanare cotanto pericolo, egli raccolse tutte le estreme forze.

Negli articoli contro gl’Internazionalisti converse tutta la virtù dell’ingegno per dimostrare la fallacia delle loro dottrine: tutta la forza dell’uomo eminente mente puro e morale per dipingere il male e l’iniquità di quelle dottrine; e, col tatto esercitato dell’uomo uso a servirsi degli uomini per un dato scopo, chiariva l’inutilità, l’impossibilità di arrivare per questa via alla mèta prefissa; poi, coll’angoscia del padre che sa di morire e sente che i figli hanno ancora bisogno della sua lutela e del suo aiuto, gridò con voce soffocata dalle lagrime ai suoi discepoli:

«Continuate il mio insegnamento; fate questo in memoria di me

E fu l’ultima parola. Con tal grido scoppiò il cuore del Prometeo moderno; di colui, la cui vita fu