Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/47

Da Wikisource.

gl’ipogei. 33

vorevoli si sottrassero a cotanta ignominia, non alzano la voce, protestando contro tale soperchieria dell’uomo, e non istendono la mano di sorelle alle sventurate cadute, non si può sperare pentimento da una parte, nè riabilitazione dall’altra.

Che fanno invero le donne, le quali sono additate e accettate come modelli di moralità e di purità, per venire in soccorso delle cadute? La loro condotta somiglia a quella del Fariseo, che veduto l’uomo ammalato sulla via passò per altra parte. Esse non si danno un pensiero al mondo della loro sorte: basta un solo fallo, perchè nessuna voglia la peccatrice in casa, nè come istitutrice e nemmeno come serva. Eppure tutte in proprio cuore sanno che nessuna donna cade la prima volta, se non per amore, o a cagione della suprema miseria e della fame. Prendete il mesto registro di qualunque Ufficio di Sanità e vi troverete tre categorie di casi: 1° Seduzione ed abbandono; 2° Miseria; 3° Istigazione dei mariti e dei genitori.

Dall’altra parte, queste sante signore, che non vorrebbero nemmeno che in loro presenza fossero nominate quelle infelici, come si conducono verso gli autori dei loro mali?

La riputazione di libertini non basta per escluderli dalle loro sale.

Se poi a tale riputazione aggiugnesi la nobiltà del casato, lo splendore del grado e la fortuna, costoro vi sono festeggiati, e le rispettabili madri scelgono di grand’animo fra essi i mariti delle loro figlie. Certamente una madre s’affligge di aver figli libertini; ma come adoperano esse per impedire che eglino tali divengano?