Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/224

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In mezzo a ’l verde una casetta bianca,
Co’ monti a tergo e in lontananza il mare,
Con variopinte aiuole a destra e a manca
Che infioran de la soglia il limitare.

Fuori un’aria che sveglia e che rinfranca,
Dentro, una libreria d’opere rare,
Che a ’l gramo ingegno ed a la fibra stanca
Possan novella vigorìa prestare.

Poi, ne ’l mistero d’una chiusa alcova,
Ne la sua culla un roseo cherubino
Cui per restar con me sparvero l’ale.

È questo il nido che sognar mi giova,
È l’oasi del mio squallido cammino
Tempio a l’arte, a l’amore, a l’ideale.


Salutiamolo, passando, questo vivificante porto di pace che desidero a tutte voi care fanciulle; che alcuna di voi forse intravede già fra i rosei vapori del futuro come l’isoletta d’Elena e di Fausto — della Bellezza e del Sapere — ricinta dall’arcobaleno. Ecco un lembo d’orizzonte grigio, l’avanzo di chissà quale tremendo uragano che lacerato naviga verso di noi, lividamente triste nella sua tenuità:


RICORDO D’APRILE.

Ritorna il mio pensiero
A ’l pallido bambino
Che una sera d’aprile
Fu portato la giù ne ’l cimitero.
Intanto la sorella e il fratellino
Giuocan co ’l suo fucile,
Battono il suo tamburo,
Ed i guerrieri sgorbiano
Ch’egli tracciò su ’l muro.

Oserei dire che solo una donna poteva afferrare tutta la pietosa eloquenza dell’episodio e render-