Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/225

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la con tanta efficace semplicità. Il lirismo più alto, più suggestivo, più commovente nel più umile vero. Chi non è tocco dalla visione chiara di quella gaia scena di profanazione infantile, di quei giocattoli, unica eredità del povero bimbo sparito fra i fiori e i lumi in una sera primaverile, dispersa con incoscienza crudele così? Chi è che ha dei bambini cari e che non sente alla sobria arte di questi versi passarsi un brivido in mezzo al cuore e l’acuto desiderio di vederli accanto ai loro giochi subito subito subito?

E la poesia capace di far vibrare in questo modo le nostre intime fibre è bella, è buona, è vera poesia.

Udite due sonetti, solamente leggiadri questi, e intrisi del profumo d’eleganza e di mondanità dell’artistico ambiente dove sono sbocciati, come narcisi in un’anfora preziosa senza terra nè sole, dietro le cortine di raso che nascondono un po’ troppo di mondo qualche volta...


RISOLUZIONE.

Egli il silenzio vuol d’una Certosa
Antica da le arcate bisantine
Dove, monaco austero e in bianco crine,
Calmo finir la vita tempestosa,

Ella, del par fantastica e pietosa,
Giura che stanca di monili e trine,
In umili n’andrà vesti turchine,
Mite suora a chi soffre, a Gesù sposa.

Ei sogna i vecchi testi del trecento
Su cui vegliar le notti; ella s’infinge
A ’l capezzale ove il morente geme.

Sorridon tutti e due... Dopo un momento
L’un dice all’altro, mentre a sè lo stringe
Senti, amor mio, se si vivesse insieme?