Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/91

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M’ama! tra sè proferse,
La intese appena il core;
Pur tutta di rossore
La fronte si coverse.
        E con triste abbandono
        Si sciolsero le mani...
        E de i detti profani
        Al cor pregò perdono.

***

Oh la poetica visione! Vedete voi, seduta nella gran scranna massiccia la fragile dama rigida e pura come una Vergine di Sandro Botticelli? Le mani giunte sono fini e lunghette, china l’altera fronte di castellana, pensoso e vigile l’occhio che sogna l’amore. Intanto dal balcone gotico inghirlandato di gelsomini sale la melodia d’un liuto e d’una voce che plora nel fresco e rustico idioma provenzale....

La dama sogna, l’incognita dama; ma ecco s’agita, s’anima, vive: le mani le cadono prosciolte in grembo, il petto si gonfia di sospiri. Chi sei tu? Forse Maria di Champagne, la patrona dell’amor cortese? o Giovanna di Fiandra, auspice di poemi? o Jolanda, contessa di Saint-Pol, che presiedeva alla prima traduzione della vecchia cronaca di Turpino? o Maria di Francia, la soave cantatrice di «Lai» in cui vibra una tenera passione tutta nuova, l’autrice immaginosa che fantastica di cavalieri amati dalle fate, di regine amoreggianti coi misteriosi cavalieri del lago, di paesi incantati dove trecento anni passano come tre giorni; la creatrice dei leggendari nomi di Bisclavret, d’Eliduc, di Guingamor, di Tiolet, di Grisedelis, cespiti di chi sa che fioritura....