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O Dio, ma dove volo con la fantasia? Signorine, non v’arrabbiate.... mi pareva d’esser sola....

Ora, ai piedi dei due componimenti ispiratori, se io non fossi un’orecchiante in materia poetica, vorrei osservare che fra la non scarsa varietà di metro che la Gianelli adopera sapientemente, il settenario è quello che le s’addice di più. Ma non facciamo questioni tecniche. La tecnica è come l’osso: guai se la intacca un ferro inesperto. E in grazia dell’esattezza non arricciate il naso, vi prego, al chirurgico paragone.

Un sonetto che rispecchia una Provenza autentica è quello ispirato a Clemenza Isaura di Tolosa, il quale insieme ai due sul Verno e all’altro intitolato: «Ruina» accentuano tra gli altri una nitidezza disinvolta e una certa profondità d’osservazione e di pensiero che meraviglia e rallegra in una giovane autrice. Leggiamone uno per saggio:

CLEMENZA ISAURA

Dolci, o soave tolosana, i mali
Che il vostro labro in dolci versi ha pianto;
Vaghi i casti pensier del vostro canto
Come colombe da le candid’ali,

Visser nel puro ciel de gl’ideali
La mente vostra e il vostro cor d’incanto,
E secolar di voi rimase il vanto,
O regina de’ giuochi floreali.

Bei tempi i vostri! A l’innocente gara
I poeti correan; stuolo cortese,
Per un fior d’eglantina ed un sorriso.

E Amor sol era dilettosa o amara
Cagion de’ carmi, e del dolor palese
D’uno, pronto ogni cor gemea conquiso.