Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/95

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continua, può, in un secondo, avvallare; «Leggendo Byron» ne’ cui canti ella cerca con un desiderio scrutatore e con una fine intuizione tutta femminile la poesia di ciò che tacque e l’oscuro poema d’un cuor di sposa che nessuno penetrò; i «Grotteschi» d’un dipinto, che le danno un ribrezzo e un fascino di mistero Eleusino; il sanguinoso episodio di vendetta ch’ella coglie nell’«Edda» la epopea nordica — lasciandoci l’impressione eroica e pietosa della tronca testa imbrattata di Swankilda dai capelli d’oro; tutto ciò non è sentimentalismo nè larva di poesia. E nel sentimentalismo non ci cade mai; anche se rivolge lo sguardo pensoso e il bel cuor di donna alle miserie che la circondano, e s’intenerisce al sogno del piccolo suonatore girovago o prevede un morticino prossimo nel bianco fanciullo che incontra in chiesa il dì dei morti:

Un gramo fanciullin da gli occhi strani,
Come smarriti, d’animuccia in bando.


ci dica il segreto di passione d’una giovine morta che par sorridere in pace, o si ricordi d’un vespro mestissimo; sospiri allo sfogliarsi delle rose o aneli di dileguare nell’infinito, Elda Gianelli non è sdolcinata nè manierata, mai. Le sue rime la rivelano una forte e amorosa tempra di donna, un’anima eletta di fanciulla. Deve essere bruna e ardente come la Sulamite; lei stessa confida al fiume che è irrequieta come lui, che come lui corre verso un destino ignoto; coraggiosa, fiera, celando lotte e ferite con la pudicizia del dolore ch’è nelle anime superiori e virili, fermentando qualchevolta in una protesta, in un slancio di libertà ribelle, calda, onesta, schietta, temperata sempre donnescamente.