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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/115

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viaggio al centro della terra 107


— Sotto l’alto mare! replicò mio zio fregandosi le mani.

— Dunque, esclamai, l’Oceano si stende sopra le nostra testa!

— Nulla di più naturale, Axel; non vi sono forse a Newcastle miniere di carbone che s’inoltrano un gran tratto sotto i flutti?»

Il professore poteva per conto suo trovar semplicissima la nostra condizione; ma il pensiero di passeggiare sotto la massa delle acque mi affliggeva.

E tuttavia, sia che fossero sospese sulla nostra testa le pianure e le montagne dell’Islanda, o i flutti dell’Atlantico, la cosa differiva assai poco, poichè la crosta granitica era solida. Del rimanente, io m’abituai presto a quest’idea, perchè il corridoio ora diritto, ora sinuoso, capriccioso ne’ suoi pendii, siccome ne’ suoi giri, ma sempre seguendo la direzione del sud-est e sprofondandosi vie più, ci condusse rapidamente a gran profondità.

Quattro giorni dopo, la sera del sabato 18 luglio, noi arrivammo ad una specie di grotta abbastanza vasta.

Mio zio consegnò ad Hans i suoi tre risdalleri ebdomadari e fu determinato che la domane dovesse essere giorno di riposo.


XXV.

Mi svegliai dunque, la domenica mattina, senza la solita preoccupazione d’una partenza immediata; e benchè fossimo nel più profondo degli abissi, la cosa non era perciò meno piacevole. D’altra parte c’eravamo fatti a questa esistenza da trogloditi. Nè io pensava guari al sole, alle stelle, alla luna, agli alberi, alle case, alla città, a tutte codeste superfluità terrestri di cui l’essere sublunare si è fatto una necessità. Nella nostra qualità di fossili disprezzavamo cotali inutili meraviglie.

La grotta formava una vasta sala. Sul suo suolo granitico scorreva dolcemente il fedele rigagnolo, che, giunto a tanta distanza dalla sorgente, non aveva più se non la temperatura dell’ambiente e si lasciava bere senza difficoltà.