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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/122

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114 viaggio al centro della terra

ruscello? Poichè insomma esso non era più là! Compresi allora la ragione di quel silenzio strano, quando tesi l’ultima volta l’orecchio per ascoltare se non mi giungesse qualche richiamo de’ miei compagni. Di tal guisa, al momento in cui posi il primo passo nella via imprudente, non m’avvidi dell’assenza del ruscello, E certo a quel punto una biforcazione della galleria si aprì innanzi a me, mentre l’Hans-Bach, obbediente ai capricci d’un altro pendio, se ne andava co’ miei compagni verso sconosciute profondità!

In qual modo ritornare? Traccie non ce n’erano. Il mio piede non lasciava alcuna impronta sul granito. Mi arrovellavo a cercare la spiegazione di questo insolubile problema. La mia condizione sì riassumeva in una sola parola: perduto.

Sì! perduto a una profondità che mi pareva incommensurabile! Le trenta leghe di scorza terrestre pesavano spaventevolmente sulle mie spalle. Mi sentivo schiacciato.

Cercai di ricondurre le idee alle cose della terra. Fu a gran stento che vi riuscii. Amburgo, la casa di Königstrasse, la mia povera Graüben, tutto quel mondo sotto il quale io mi smarriva, passò rapidamente dinanzi alla mia memoria scompigliata. Rividi come in una viva allucinazione gli incidenti del viaggio, la traversata, l’Islanda, il signor Fridricksson, lo Sneffels. Dissi a me stesso che serbare l’ombra d’una speranza era indizio di pazzia; che valeva meglio disperarsi! Infatti, quale forza umana avrebbe potuto ricondurmi alla superficie del globo ed aprire le vôlte enormi che s’inarcavano sopra la mia testa? Chi poteva rimettermi sulla via del ritorno e riunirmi ai miei compagni?

«Oh mio zio!» esclamai coll’accento della disperazione.

Fu questa la sola parola di rimprovero che mi venisse alle labbra, perch’io compresi ciò che il disgraziato uomo doveva soffrire cercandomi.

Quando mi vidi così lungi da ogni soccorso umano, incapace di nulla tentare per la mia salvezza, pensai al soccorso del cielo. Mi ritornarono in mente-i ricordi della mia infanzia, quelli di mia madre ch’io non aveva conosciuto se non nell’età dei baci. Ricorsi alla preghiera, e per quanto lievi fossero i miei diritti d’essere ascoltato dal Dio al quale io mi rivolgeva così tardi, lo implorai con fervore.