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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/123

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viaggio al centro della terra 115


Siffatto ritorno verso la Provvidenza mi ridonò un po’ di calma e potei concentrare tutte le forze dell’intelligenza intorno alla mia condizione.

Mi rimanevano viveri per tre giorni, e la mia fiaschetta era piena; ma non potevo restar solo più oltre. Doveva io salire o discendere? Salire evidentemente, salire sempre.

Sarei così giunto al luogo in cui aveva abbandonato la sorgente, alla funesta biforcazione; colà, una volta che m’avessi il ruscello sotto i piedi, potrei sempre riguadagnare la vetta dello Sneffels.

Come mai non v’avevo pensato prima! Quivi era evidentemente una speranza di salvezza. Ciò che più premeva era dunque di ritrovare il corso dell’Hans-Bach.

Mi alzai, ed appoggiandomi sul bastone ferrato risalii la galleria. Il pendio era ripido; salivo tuttavia con speranza e senza imbarazzo come uomo che non ha la scelta della via da seguire.

Durante una mezz’ora-non mi trattenne alcun ostacolo. Cercai di riconoscere la strada dalla forma del tunnel, dalla sporgenza di alcune roccie, dalla disposizione delle cavità, ma non vidi alcun segno particolare, nè andò molto che riconobbi che quella galleria non poteva ricondurmi alla biforcazione, poichè era senza uscita. Urtai contro un muro impenetrabile e caddi sulla roccia.

Non saprei dipingere lo spavento e la disperazione ond’io fui preso: rimasi come annientato. La mia ultima speranza si spezzava contro quella muraglia di granito!

Perduto in quel labirinto, le cui sinuosità s’incrociavano in tutte le direzioni, era impossibile tentare di salvarmi. Una morte spaventevole mi attendeva. E, cosa bizzarra, mi venne in mente che se il mio corpo fossilizzato si fosse trovato un giorno, a trenta leghe entro le viscere della terra, la sua scoperta avrebbe cagionato gravi quistioni scientifiche.

Volli parlare ad alta voce, ma solo rauchi accenti uscirono dalle mie labbra disseccate. Anelavo.

In mezzo a tali angosce un nuovo terrore s’impadronì del mio spirito. La mia lampada si era guastata nel cadere, ed io non aveva alcun mezzo di ripararla; la sua luce impallidiva e stava per venirmi meno.

Guardai la corrente luminosa che scemava nel serpentino dell’apparecchio.