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122 viaggio al centro della terra


Fui vivamente commosso dall’accento con cui queste parole furono pronunciate e più dalle cure che l’accompagnarono. Occorrevano tali prove per provocare nel professore tanta espansione!

In questo momento giunse Hans. Egli vide la mia mano in quella di mio zio ed i suoi occhi, oso affermarlo, espressero viva contentezza.

«God dag, diss’egli.

— Buon giorno, Hans, buon giorno, mormorai; ed ora, zio, ditemi dove ci troviamo.

— Domani, Axel, domani: oggi sei ancora troppo debole; t’ho fasciato la testa di compresse che non bisogna disordinare; dormi adunque e domani saprai tutto.

— Ma almeno, insistei, qual’ora, qual giorno è?

— Undici ore pomeridiane, ed oggi è domenica 9 agosto, ma non ti permetto più d’interrogarmi prima del 10 del corrente mese.»

In verità io era così debole che i miei occhi si chiusero involontariamente. Mi abbisognava una notte di riposo; però m’addormentai pensando che il mio isolamento era durato quattro lunghi giorni.

La domane, appena desto, volsi l’occhio in giro. Il mio giaciglio fatto con tutte le coperte da viaggio era in una grotta deliziosa, adorna di magnifiche stalagmiti ed il cui suolo era coperto di sabbia. Non vi era accesa nè torcia nè lampada e tuttavia venivano dal di fuori, passando per una stretta apertura della grotta, alcuni chiarori inesplicabili. Intendevo pure un mormorio vago ed indefinito, simile al gemito dei flutti che s’infrangono sopra una spiaggia arenosa, e talvolta il fischio della brezza.

Domandavo a me stesso se fossi ben desto, o se sognassi ancora, o se il mio cervello guastato nella caduta non udisse rumori puramente immaginarii. Per altro nè i miei occhi nè le mie orecchie potevano ingannarsi a tal punto.

«È un raggio di luce, pensai, quello che passa per quella fessura di roccie. Ecco appunto il mormorio delle onde! e questo è il fischio della brezza! m’inganno io o siamo ritornati alla superficie della terra? Mio zio ha dunque rinunciato alla sua spedizione, oppure l’ha felicemente terminata?»

Io mi proponeva siffatti quesiti insolubili quando mio zio entrò.

«Buon giorno, Axel, diss’egli allegramente, scommetterei volentieri che tu stai bene!