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134 viaggio al centro della terra


— No, gli alberi erano già a terra. Vieni e lo vedrai all’opera.»

Dopo un quarto d’ora di strada, dall’altro lato del promontorio che formava il piccolo porto naturale, vidi Hans al lavoro. Alcuni passi ancora e gli fui accanto. Con mia gran meraviglia una zattera a metà compiuta si stendeva sulla sabbia; era fatta di travi di un legno speciale, e gran numero di panconi, di curvature e di fianchi di navi d’ogni sorta ingombravano letteralmente il suolo.

Vi era di che costrurre una intiera marina.

«Zio, esclamai, che legno è questo?

— Pino, abete, betulla, tutte le specie delle conifere del nord mineralizzate sotto l’azione delle acque del mare.

— È egli possibile?

— È ciò che si chiama surtarbrandur o legno fossile.

— Ma allora, al pari delle ligniti, deve avere la durezza della pietra e non potrà galleggiare.

— Qualche volta ciò avviene. Vi han di cotali legni che son divenuti veri antraciti; ma altri al pari di questi non hanno subito se non un principio di trasformazione fossile. Guarda,» aggiunse mio zio gettando in mare uno dei preziosi rottami.

Il pezzo di legno dopo esser sparito ritornò alla superficie dei flutti e galleggiò secondo le loro ondulazioni.

«Sei convinto? disse mio zio.

— Convinto tanto più che la cosa non è credibile.»

Il domani, alla sera, in grazia dell’abilità della guida, la zattera era compiuta; aveva dieci piedi di lunghezza e cinque di larghezza. Le travi di surtarbrandur, collegate fra di loro per mezzo di forti corde, offrivano una superficie solida; e una volta varata, la scialuppa improvvisata galleggiò tranquillamente sulle onde del mare Lidenbrock.


XXXII.

Il 13 agosto ci risvegliammo di buon mattino. Si trattava d’inaugurare un nuovo genere di locomozione rapida e poco faticosa. Un albero fatto di due bastoni lapazzati, un’antenna formata d’un terzo bastone, e le no-