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154 viaggio al centro della terra

lastra di ferro incrostata nel legno. Non posso distaccare il mio piede!

Alla fine mi vien fatto di liberarlo con uno sforzo disperato, nel momento in cui la palla stava per afferrarlo e trascinarmi nel suo movimento giratorio.

Ah! qual luce intensa! il globo scoppia! noi siamo coperti da un getto di fiamme!

Poi tutto si spegne. Ho appena il tempo di vedere mio zio disteso sulla zattera, ed Hans sempre al timone, sputando fuoco sotto l’influenza dell’elettricità che lo compenetra.

Dove andiamo noi? dove andiamo noi?

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Martedì, 25 agosto. — Mi ridesto da un lungo svenimento, l’uragano continua; i lampi si scatenano come una nidiata di serpenti lanciati nell’atmosfera.

Siamo noi sempre in mare? Sì, e trasportati con una velocità incalcolabile. Siamo passati sotto l’Inghilterra, sotto la Manica, sotto la Francia, sotto tutta l’Europa forse.

Un nuovo rumore si fa udire! Evidentemente, il mare che si frange contro delle roccie!.... Ma allora.....

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XXXVI.

Qui termina ciò che io ho chiamato giornale di bordo avventurosamente scampato al naufragio. Riprendo a narrare come prima.

Ciò che accadde all’urto della zattera contro gli scogli della costa, non saprei dire. Io mi sentii precipitato nelle onde, e se sfuggii alla morte, se il mio corpo non andò a lacerarsi contro le roccie acute, fu solo perchè il braccio vigoroso di Hans mi ritrasse dall’abisso.

Il coraggioso Islandese mi trasse fuor di portata dalle onde sopra una sabbia ardente in cui mi trovai a fianco di mio zio.