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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/186

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178 viaggio al centro della terra


«Vieni, disse mio zio, e pigliamo il largo.»

Hans diè una spinta vigorosa. La zattera si allontanò d’una ventina di tese dalla sponda. Era un momento d’ansietà. Il professore seguiva coll’occhio la lancetta del cronometro.

«Ancora cinque minuti, diceva egli. Ancora quattro, ancora tre!»

Il mio polso segnava i mezzi secondi.

«Ancora due! Uno!... Crollate montagne di granito!»

Che cosa avvenne allora? Il rumore dello scoppio credo ch’io non l’intesi; ma le roccie si trasformarono d’un subito a’ miei occhi e si aprirono come una tenda. Vidi un profondo abisso, che si scavava nella riva. Il mare, come preso da vertigine, non fu più che un’onda enorme sul dorso della quale la zattera si drizzò perpendicolarmente.

Fummo rovesciati tutti e tre. In meno d’un secondo la luce cedette alla più profonda oscurità; poi sentii l’appoggio solido mancare, non già sotto i miei piedi, ma sotto la zattera. Credetti che colasse a picco. Ma non fu così. Avrei voluto rivolgere la parola a mio zio, il muggito delle acque gli avrebbe tolto d’intendermi.

Nonostante le tenebre, il rumore, la meraviglia, la commozione, io compresi ciò che era avvenuto.

Al di là della roccia scoppiata esisteva un abisso; l’esplosione aveva cagionato una specie di terremoto in quel suolo tutto a crepacci: l’abisso si era aperto e il mare mutato in torrente ci trascinava seco.

Mi sentii perduto.

Un’ora, due ore, che so io! corsero di tal guisa. Noi ci stringevamo i gomiti e ci tenevamo per mano per non essere sbalzati fuor della zattera. Di tanto in tanto urtavamo violentemente contro la muraglia; ma codesti urti erano rari; donde io conclusi che la galleria si allargava di molto. Era senza alcun dubbio la via di Saknussemm; ma invece di discenderla da soli, avevamo con la nostra imprudenza trascinato un intero mare con noi.

Si capisce che queste idee si presentarono al mio spirito in forma vaga ed oscura. Io le associava con difficoltà durante quella corsa vertiginosa somigliante molto ad una caduta, perchè a giudicare dall’aria che mi flagellava il viso, doveva passare la velocità dei convogli più rapidi. Accendere una torcia in siffatte condizioni era