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viaggio al centro della terra 179

impossibile, e il nostro ultimo apparecchio elettrico era stato spezzato nel momento dello scoppio.

Fui dunque meravigliato di vedere una luce brillare d’un tratto vicino a me. La serena figura di Hans fu rischiarata. L’abile cacciatore era riuscito ad accendere la lanterna, e benchè la fiamma vacillasse, minacciando d’estinguersi, gettò qualche bagliore nella spaventevole oscurità. La galleria era larga ed io aveva avuto ragione di giudicarla tale. La luce insufficiente non ci permette-va di scorgere ad un tempo le due muraglie. La furia delle acque che ci portavano, superava quella delle più insormontabili correnti dell’America. La loro superficie pareva fatta d’un fascio di freccie liquide scoccate con estrema violenza: non saprei tradurre la mia impressione con un paragone più acconcio.

La zattera travolta da certi gorghi, girava talvolta in-torno a sè stessa; e si accostava alle pareti della galleria; io vi dirigeva la luce della lanterna e poteva giudicare della mostra velocità vedendo le sporgenze delle roccie mutarsi in tratti continui, in guisa da poterci credere chiusi entro una rete di linee moventisi. Stimai che la nostra velocità dovesse raggiungere le trenta leghe all’ora.

Mio zio ed io ci guardavamo con occhio torbido, appoggiati all’albero che al momento della catastrofe s’era spezzato. Volgevamo le spalle all’aria, per non essere soffocati dalla rapidità d’un movimento che forza umana non poteva frenare. Intanto le ore passavano; la situazione non si mutava, ma un incidente venne a crescerne la complicazione.

Cercando di mettere un po’ d’ordine nel carico, m’accorsi che la maggior parte degli oggetti imbarcati erano spariti al momento dello scoppio, quando il mare ci assalì con tanta violenza.

Volli sapere esattamente che cosa pensare sui nostri mezzi, e colla lanterna in mano cominciai le mie ricerche. Degli strumenti non rimaneva più che la bussola e il cronometro: le scale e le corde si riducevano a un pezzo di gomena legata intorno all’albero; non una zappa, non un piccone, nè un martello; e per somma disgrazia non ci rimanevano viveri che per un giorno. Frugai negl’interstizii della zattera, negli angoli formati dalle travi e le commessure delle assi. Nulla! i nostri vi-veri consistevano solo in un pezzo di carne secca e