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in pochi biscotti. Guardavo stupidamente! non volevo comprendere. E pure di qual pericolo mi dava io pensiero? quando pure i viveri fossero stati sufficienti per mesi e per anni, come mai uscire dagli abissi in cui ci trascinava l’irresistibile torrente? a che valeva temere le torture della fame, quando la morte si offriva di già in tante altre forme? Morire d’inedia! forse che ne avevamo il tempo? Pure per un’inesplicabile bizzarria dell’immaginazione, io dimenticava il pericolo immediato per le minaccie dell’avvenire che mi apparve in tutto il suo orrore. D’altra parte, chi sa che non potessimo sfuggire ai furori del torrente e ritornare alla superficie del globo? In qual modo? lo ignoro. Dove? che monta! Una probabilità sopra mille è tuttavia una speranza, mentre la morte per fame non ci lasciava speranza di sorta. Mi venne il pensiero di dire tutto a mio zio, di mostrargli a qual penuria noi fossimo ridotti, e di far l’esatto calcolo del tempo che ci rimaneva a vivere. Ma ebbi il coraggio di tacermi, volendo lasciargli intera la sua serenità. In quella la luce della lanterna si oscurò a poco a poco, e si estinse del tutto. Il lucignolo s’era consumato: l’oscurità divenne un’altra volta assoluta e non bisognava più pensare a dissipare le tenebre impenetrabili. Ci rimaneva ancora una torcia, ma non avrebbe potuto tenersi accesa. Chiusi gli occhi come un fanciullo per non vedere tutta quella tenebria.

Dopo lungo tratto di tempo la velocità della corsa raddoppiò; me ne avvidi all’aria che mi batteva sul viso. Il pendio delle acque diveniva eccessivo; credo proprio che non scivolassimo più; cadevamo. Provavo l’impressione d’una caduta quasi verticale. La mano di mio zio e quella di Hans afferrandomi per le braccia mi trattenevano con vigore.

Di repente, dopo un tempo incalcolabile, sentii come un cozzo. La zattera non aveva urtato contro un corpo duro, ma s’era d’un tratto arrestata nella sua caduta. Una tromba d’acqua, un’immensa colonna liquida si rovesciò alla sua superficie. Fui soffocato. Annegavo.

Ma l’improvvisa inondazione non durò molto. In pochi secondi mi ritrovai all’aria libera che aspirai a pieni polmoni. Mio zio ed Hans mi stringevano il braccio fino a spezzarlo e la zattera ci portava ancora tutti e tre.