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viaggio al centro della terra 189

vamo in moto eravamo lanciati con forza crescente e come portati da una vera palla da cannone. Nei momenti di riposo si soffocava, e durante la corsa l’aria ardente mi toglieva il respiro.

Non ho dunque serbato alcuna memoria precisa di ciò che avvenisse durante le ore seguenti. Mi rimane il sentimento confuso di continue detonazioni, dell’agitazione della massa terrestre e d’un movimento in giro da cui fu presa la zattera, la quale ondulò sopra flutti di lave in mezzo ad una pioggia di cenere e fu involta da fiamme muggenti. Un uragano che pareva eccitato da un immenso ventilatore ravvivava i fuochi sotterranei. Per l’ultima volta la faccia d’Hans m’apparve in un riflesso infuocato e non ebbi più altro sentimento tranne il sinistro terrore dei condannati attaccati alla bocca di un cannone nel momento in cui il colpo parte e disperde le loro membra nell’aria.


XLIV.

Quando riapersi gli occhi mi sentii stretto alla cintola dalla mano vigorosa della guida. Coll’altra mano egli sorreggeva mio zio. Non ero gravemente ferito, sibbene affranto da una stanchezza generale. Mi vidi coricato sul versante d’una montagna a due passi da un abisso nel quale il menomo movimento mi avrebbe precipitato. Hans m’aveva salvato da morte mentre io rotolava sui fianchi del cratere.

«Dove siamo?» domandò mio zio il quale mi parve molto irritato d’essere ritornato sulla Terra.

Il cacciatore alzò le spalle in segno d’ignoranza.

«In Islanda? diss’io.

Nej, rispose Hans, — Come! no? esclamò il professore.

— Hans s’inganna, diss’io sollevandomi.

Dopo le innumerevoli sorprese di siffatto viaggio, una stupefazione m’era ancor serbata. Io m’aspettava di vedere un cono coperto di nevi eterne nel mezzo di aridi deserti delle regioni settentrionali, sotto i pallidi raggi d’un cielo polare, al di là delle più elevate latitudini; e