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88 viaggio al centro della terra


— Salire? fe’ mio zio stringendosi nelle spalle.

— Senza dubbio; da una mezz’ora le pendenze si sono così modificate, che continuando così ritorneremo certamente alla Terra d’Islanda.»

Il professore tentennò il capo da uomo che non vuole essere convinto. Io cercai di ripigliar la conversazione, ma egli non mi rispose, e diede il segnale della partenza. M’avvidi che il suo silenzio non era altro che mal umore concentrato.

Intanto io aveva ripreso il mio fardello coraggiosamente e seguivo rapidamente Hans, che precedeva mio zio. Non volevo rimaner indietro; la mia grande preoccupazione era di non perdere di vista i compagni. Fremevo all’idea di smarrirmi nelle profondità di quel labirinto. D’altra parte, se la strada ascendente diveniva più penosa, me ne consolavo pensando che mi riaccostava alla superficie della Terra. Era una speranza che si avvalorava ad ogni passo, ed io mi rallegrava al pensiero di rivedere la mia piccola Graüben. Al mezzodì, le pareti della galleria mutarono aspetto. Mi avvidi, per l’indebolimento della luce elettrica riflessa dalle muraglie, che all’intonaco di lava succedeva la viva roccia. Il masso si componeva di strati inclinati e spesso disposti verticalmente. Eravamo in piena epoca di transizione, in pieno periodo siluriano1.

È evidente! sclamai; i sedimenti delle acque formarono nella seconda epoca della Terra questi schisti questi calcari e queste pietre arenarie! Noi voltiamo le spalle alla massa granitica! Assomigliamo a chi da Amburgo prendesse la via dell’Hannover per andare a Lubecca.»

Io avrei dovuto tenermi dentro le mie osservazioni, ma la mia natura di geologo vinse la prudenza e lo zio Lidenbrock intese le mie esclamazioni.

«Che cos’hai? diss’egli.

— Osservate! risposi mostrandogli la variata successione di pietre arenarie, di calcari ed i primi indizii delle ardesie.

— Ebbene?

  1. Così chiamato perchè i terreni di questo periodo sono molto estesi in Inghilterra nelle contrade abitate un tempo dal popolo celtico del Siluri.