Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/45

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prefazione alla seconda edizione 23

sconosciuta a noi. Giacchè quel che ci spinge a uscire necessariamente dai limiti dell’esperienza e di tutti i fenomeni, è l’incondizionato, che la ragione necessariamente e a buon diritto esige nelle cose in se stesse, per tutto ciò che è condizionato, a fine di chiudere con esso la serie delle condizioni. Ora, ammettendo che la nostra conoscenza sperimentale si regoli sugli oggetti come cose in sè, si trova che l’incondizionato non può esser pensato senza contraddizione; al contrario, se si ammette che la nostra rappresentazione delle cose, quali ci son date, non si regola su di esse, come cose in se stesse, ma piuttosto che questi oggetti, come fenomeni, si regolano sul nostro modo di rappresentarceli, la contraddizione scompare; e, se perciò l’incondizionato non deve trovarsi nelle cose in quanto noi le conosciamo (esse ci son date), ma nelle cose in quanto noi non le conosciamo, come cose in sè, si vede che è ben fondato ciò che noi abbiamo ammesso prima, soltanto in via di tentativo1. Resta ora a vedere, dopo aver negato alla ragione speculativa ogni passo nel campo del soprasensibile, se non si trovino nella sua conoscenza pratica dati, per determinare quel concetto trascendentale dell’incondizionato proprio della ragione, e per oltrepassare in tal modo, secondo i desiderii della metafisica, i limiti di ogni esperienza possibile mediante la nostra conoscenza a priori, possibile, per altro, solo dal punto di vista pratico. Con questo procedimento la ragione speculativa ci ha almeno procurato un campo libero per tale estensione della ricerca, sebbene essa abbia dovuto lasciarlo vuoto; e ci resta così, e noi vi siamo autorizzati da lei



  1. Questo esperimento della ragion pura ha molto di simile con quello, che i chimici chiamano qualche volta prova di riduzione e in generale, procedimento sintetico. L’analisi del metafisico scompone la conoscenza a priori in due elementi assai differenti, cioè: quello delle cose come fenomeni e quello delle cose in se stesse. La dialettica li riunisce da capo in accordo con l’idea necessaria, propria della ragione, dell’incondizionato, e trova che questo accordo non si ha mai altrimenti che mediante tale distinzione, la quale, per conseguenza, è vera. (N. di K.)