Pagina:Kirchberger - Teoria della relatività, 1923.djvu/142

Da Wikisource.

CONSEGUENZE COSMOLOGICHE 139

Abbandoniamo i nostri esseri a due dimensioni e ritorniamo al nostro problema a tre dimensioni. Qui ci è necessario rinunziare naturalmente a guardare nello spazio. Poiché se noi volessimo sentire la differenza dello spazio infinito euclideo e dello spazio finito chiuso, il quale in tre dimensioni corrisponde alla sfera in due, ci sarebbe necessario situarli nello spazio a quattro dimensioni, come ci è stato necessario situare il piano e la sfera nello spazio ordinario. Ora lo spazio a quattro dimensioni non ci è sensibile anche a titolo di rappresentazione ausiliaria.

È un fatto ben conosciuto dai matematici che vi sono, a seconda degli assiomi presi come base, differenti geometrie, matematicamente parlando equivalenti. La scelta della geometria decide, come abbiamo visto, intorno alla maniera secondo la quale noi concepiamo lo spazio. La relatività generale esige la geometria di Riemann e non quella di Euclide, essa deve quindi proclamare lo spazio finito e chiuso. Ci condurrebbe peraltro troppo per le lunghe il metterci d’accordo sul fatto che l’intima connessione tra lo spazio e il tempo non porta in alcun modo la conseguenza che il tempo sia finito, come talora erroneamente si afferma.

Si fa, è vero, un’obiezione; si potrebbe dire: io suppongo un mondo euclideo: in mezzo un sistema di assi rettangolari, poi mi metto a misurare in linea retta con un regolo chilometrico; che cosa mi può succedere? Non posso cadere su di una barriera che chiuda il mondo, la mia misurazione continuerà sempre e per conseguenza il