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50 LA RELATIVITÀ PARTICOLARE

la buona, però ciò non è vero in modo assoluto ma in maniera relativa, cioè per il suo osservatore. Al contrario, se un osservatore guarda in un sistema estraneo, la sfera che l’osservatore estraneo vi scorge gli appare deformata, non perché essa lo sia veramente, ma perché, uscendo dai limiti del suo sistema, egli impiega in maniera non lecita i campioni di misura che in esso erano valevoli. Non è che il sistema estraneo differisca dal suo: tutto al contrario essi si assomigliano come due gocce d’acqua, ma collocandosi in un sistema per fare delle misure in un altro, non si sono prese le precauzioni volute, e i fatti hanno preso la loro rivincita.

In tutto questo che cosa è diventato l’etere? Ha perduto il suo diritto all’esistenza! Per riprendere la nostra immagine, bisognerebbe paragonarlo all’acqua che scorre in tante direzioni quante uno vuole, o anche alla zattera della pagina 30, la quale è a volta a volta in quiete con l’osservatore in quiete, in movimento con l’osservatore in movimento. In fisica, in chimica ed in astronomia non era che un aiuto ben dubbio di cui si teneva conto, piú che altro, per spiegare la propagazione della luce. Ora, secondo Einstein, esso è in questa funzione piú di molestia che di utilità. Infatti ciò che ci importa sopra tutto e ciò che esige di essere anzitutto chiarito è la costanza della velocità della luce che non sarebbe comprensibile se non ammettendo l’etere in quiete in rapporto all’osservatore. Dovrebbe quindi esserlo in rapporto a tutti gli osservatori, o ciò che è lo stesso, dovrebbe partecipare a tutti