Pagina:L'asino d'oro.djvu/77

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LIBRO TERZO 61

copriva: nè come io mi lavassi, nè come io mi rasciugassi, o me ne tornassi a casa, per la vergogna grande che mi aveva tratto fuor di me, non mi puote ancora tornare alla fantasia: e così guardato da ognuno, e accennato da ognuno, pieno di sdegno, ne ritornammo a casa. E avendo poscia con assai prestezza trangugiato quella poca cena di Petronio, impetrata agevolmente licenzia da lui, me n’andai a dormire. E stando sul letto a giacere, mi andava rivolgendo per la fantasia i passati travagli; per infino a tanto che Lucia, avendo messa a dormire la padrona, da me se ne venne; ma molto dissimile a quella ch’ella soleva, non colla faccia allegra, non col parlar piacevole, ma col viso arcigno, colla fronte piena di crespe, timida e sospettosa finalmente mi disse: Io stessa, lo confesso d’accordo, io stessa sono stata la cagione della tua tribulazione. E trattosi di seno un cintol di cuoio, e porgendomelo seguitò: Prendi, che io te ne prego, prendi la vendetta di me perfida femmina, avvegnachè maggior supplizio merita il mio peccato: fammelo adunque sentire: ma non creder però che io ti abbia procacciato volontariamente questa miseria: non piaccia a Dio che per mia cagione tu patisca un minimo tra-