Pagina:L'asino d'oro.djvu/78

Da Wikisource.
62 DELL'ASINO D'ORO

vaglio; e se alcuna rovina pende sopra del capo tuo, rimuovasi da te, e venga sopra di me; ristorisi col sangue mio ogni tuo danno: ma quello che io fui forzata fare in altrui, per mia trista sciagura è ritornato in tua vergogna. Allora io, che per altro era naturalmente curioso d’intendere ogni cosa, desiderando con motteggi di sapere come il fatto fusse passato, le dissi: Questo cintolo crudelissimo di tutti altri e troppo ardito, il quale tu mi hai arrecato, perciocchè egli ti flagelli, tagliandolo in mille pezzi, prima lo farò in niente tornare, che egli pur tocchi non che batta la tua delicata e bianca pelle. Stiesi adunque da canto, e tu in quello scambio mi racconterai, che cosa sia stata quella che da te ordinata in altrui rovina, si sia convertita in nostro oltraggio. Io ti giuro per lo tuo bellissimo capo, che io non potrei mai credere ad alcuno, nè eziandio a te medesima, benchè tu me lo affermassi con giuramento, che tu avessi pensato mai cosa del mondo per farmi villania: e veramente che lo incerto accidente e contrario al primo instituto non può far degne di colpa le sane cogitazioni. E colla fine di questo parlare io mi beeva gli occhi della mia Lucia bagnati e tremuli, e già per la soverchia libidine tutti di fuoco. Perchè ella, mezza racconsolata, anzi già divenuta allegra, disse: Abbi, ti priego, tanta pazienzia, ch’io serri la porta della camera, acciocchè, se per la soverchia licenzia del parlare fussi udita, io non commettessi qualche grande scandolo. E detto questo, messa la nottola nell’uscio, e puntellatolo molto bene, da me se ne ritornò: e gittatomi ambe le mani al collo, con bassa e rimessa voce mi disse: Io ho paura, io tremo a discoprire gli ascosi misteri, io mi raccapriccio a rivelare i profondi segreti della mia padrona; ma i’ piglierei fidanza di te e della dottrina tua, il quale oltre il valore de’ tuoi maggiori, dopo il grande ingegno, avendo qualche parte di sacerdozio, certamente hai conosciuto la fede del santo silenzio: tutto quello, adunque, che io commetterò negl’intimi precordj del