Pagina:L'economia politica.djvu/16

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colo, ch’io di buon grado ammetto; sibbene le condizioni, la misura ed i limiti, e dirò tutto insieme l’espedienza pratica, od anco la possibilità tecnica talvolta del suo intervento, e senza entrare su ciò in una formale discussione; senza disgradare il merito dei risultati già conseguiti in tale indirizzo, o disconoscere il vantaggio che può esservi non di rado a sostituire il linguaggio simbolico a quello in tutte lettere; mettendo ad ogni modo fuor di questione l’utilità ed evidenza di quel linguaggio universale delle figurazioni geometriche, a cui or ora accennava; valutando del resto ancor più quello che direi il criterio generale matematico, che non la tecnica materiale del procedimento; e scusandomi insieme se non mi è sembrato di fare pel momento altri nomi tranne quello del principale rappresentante del nuovo indirizzo; — io mi contento di riferirmene al giudizio che ne portava il Jevons medesimo nella insigne sua opera sui Principj della scienza (1874), pubblicata nell’intervallo fra la prima edizione (1871) e la seconda (1879) del suo libro sull’Economia: - giudizio ben altrimenti peritoso e rimesso, e al quale non so come l’eminente autore non abbia stimato nemmeno di alludere in quest’ultima sua pubblicazione.

Eccovi senz’altro le sue testuali parole, a proposito di ciò che può attendersi dalla Matematica per le sue applicazioni nell’Economia politica, e in quella Morale utilitaria che dovrebbe starle a fondamento:

«Se ha pur da essere una scienza, (l’Economia politica) non potrebbe essere che una scienza matematica, perciò che essa tratta di quantità di beni.

Ma non appena ci proviamo a costruire le equazioni che esprimono le leggi di variazione della ricerca e dell’offerta, noi ci accorgiamo che esse dovrebbero avere una tale complessità, da superare ogni nostro potere di trattazione matematica. Noi possiamo tracciare in forma generale le equazioni che esprimono la ricerca e l’offerta per due o tre derrate (commodities) fra due o tre corpi trafficanti; ma tutte le funzioni che ci si trovano involte sono di un carattere così complicato, che non vi è molto a sperare che il metodo scientifico sia per fare un rapido progresso in questa direzione. Se tale è la prospettiva di una scienza comparativamente formale, come l’Economia politica, che dire poi della Scienza morale? Qualsiasi completa teorica di Morale si trova aver a fare con quantità di piacere e di pena, come Bentham indicava, e le occorre valutare la generale tendenza di ogni specie di azioni sul bene della comunità. Se intendiamo pertanto applicare il metodo scientifico (matematico) alla Morale, noi dobbiamo possedere un calcolo degli effetti morali, una specie di Astronomia fisica, che investighi le mutue