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158 | l’edera |
— È lontana, la miniera?
— No: bisogna passare per Nuoro, poi si arriva lassù dopo cinque o sei ore di viaggio a cavallo. Ma va a dormire, cristiana; parleremo di questo domani. Ora io passo in punta di piedi per la camera: l’istrice non si sveglierà. Tu chiudi e va subito a letto: su, Annesa, non farmi adirare.
La baciò ancora, ma sulle labbra di lei non sentì che il sapore salato delle lagrime: poi attraversò la cucina senza far rumore, ed ella provò quasi un impeto di gioia vedendo che egli non prendeva il lume.
Con gli occhi spalancati, il respiro sospeso, ella ascoltò: ma quando i passi furtivi di lui cessarono, ed ella non udì più alcun rumore, le parve di essere sola, abbandonata da tutti, sul limitare di una porta che conducesse ad un luogo di terrore e di morte.
Dopo un momento di esitazione entrò e chiuse. Ma non ebbe più il coraggio di rientrare nella camera, per quanto una suggestione malefica l’attirasse là dentro. Sedette accanto al focolare, nel posto dove s’era indugiata qualche ora prima, e frugò la cenere con un fuscello. Il fuoco s’era spento completamente. Ella sentiva freddo, ma non osò o non ebbe più la forza di muoversi.
Rimise i gomiti sulle ginocchia, il viso fra le mani, e le parve che la testa le girasse vorticosamente intorno al collo, ma quest’impressione le riusciva quasi piacevole. Le pareva di non essersi mossa da quel posto in tutta la notte: tutto era