Pagina:L'imperatore Diocleziano e la legge economica del mercato.djvu/9

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zione; i carri ed altri mezzi di trasporto, le vesti e gli oggetti di abbigliamento, ecc. ecc.

È un inventario completo, e mostrerebbesi tale ancor più se l’editto si possedesse nella sua integrità, anzichè in forma per gran parte ancora frammentaria, e mutilato.

Il Waddington lo assomiglia alle più moderne tariffe che per eufemismo diconsi protettive; ed anzi egli tenta in tale riscontro una certa scusa per Diocleziano. E nel fatto il Waddigton ha ragione. Le due sorte di tariffe hanno una certa aria di cognazione comune, pur differendo in parte nell’intento e nel mezzo. Sono come due sorelle in certa numerosa famiglia, di cui altri potrebb’essere tentato ripetere, con reminiscenza classica, e per la centesima applicazione:

                         Facies non omnibus una,
          Nec diversa tamen, qualis decet esse sororum.

L’una aspira a fare la felicità dei consumatori col buon mercato, e l’altra la felicita dei produttori col rincaro; la comune parentela sta nel convincimento di chi regge e governa che sia da emendarsi per decreto la necessità economica delle cose; e l’ideale del tentativo, su cui giova richiamare l’attenzione de’ vecchi esperti, sarebbe di combinarle tutte e due insieme: — la protezione al confine e la meta alli interno! — Avrebbesi il vero trionfo dell’arte amministrativa1.

Nè basta; e il logico imperiale procede assai più innanzi, quasi a far ammenda di quel primo scrèpolo di che egli potesse mai essere redarguito nel preambolo.

Se si può intimar la legge al mercato; se questo è abbastanza docile per lasciarsela imporre, o abbastanza discreto e prudente per rassegnarvisi, suo buono o mal grado, e perchè non si potrà anche imporglierla in modo dappertutto uniforme, o almeno fra limiti (se così piace) uniformemente insormontabili? Intimare con sovrano comando al mare fluttuante dei prezzi: — tu giungerai fino a qui




  1. Veggasi a questo proposito un curioso riscontro d’opinione in Francia, appuntato da un articolo di H. Baudrillart, nel Journal des Débats del 4 Gennajo 1866. V’ha chi persevera a domandare, come osserva l’illustre economista, il grano caro, perchè prosperi l’agricoltura, e il pane a buon mercato, perchè viva meglio l’operajo, o se ne possa aver l’ opera a minor costo: combinazione un po’ ardua davvero!