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l'ombra del passato 99


— Tu non hai padre, vero?

— Io no. E tu?

— Io sì. Il mio babbo è tintore: eppoi è anche organista ed è amico del direttore. Perciò avrò buoni punti, all’esame.

— E anch’io avrò buoni punti, se voglio, — rimbeccò Adone. — Studierò giorno e notte, giorno e notte...

— E diventerai cieco, allora!

— Ho certi occhioni io, caro mio! — disse Adone, spalancando i suoi begli occhi luminosi. — Non diventerò mai cieco, io! E se no metto gli occhiali, come qualche volta fa Davide. Ti ho detto chi è Davide, il mio amico. Io avevo soggezione di lui, prima. Ma una sera io volevo scappare, perchè mio zio mi aveva bastonato. Vado, ma quel maledetto di Pigoss mi lascia nell’isola. Ed ecco che passava Davide, pescando. Appena mi vide mi prese con sè, e si mise a cantare. Io non ho mai sentito una voce più bella della sua: cantava una bella canzonetta... così... aspetta... non ricordo più... Era così bella!

— Così? Iho! Ihoo!... — disse il biondino invidioso, rifacendo il raglio dell’asino.

— Ma va là! Una bella voce, ti dico! — gridò Adone, arrabbiandosi. Poi si calmò, abbassò la voce, riprese a raccontare: — Al ritorno Davide m’invitò a cena; poi il giorno dopo mi condusse ancora con sè; e ogni volta che andava in barca mi chiamava. Io gli dissi che prima mi vergognavo di guardarlo. Ed egli mi disse una volta che tutti