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102 | l'ombra del passato |
— Candido! Candidooo! — cominciò a gridare.
Finalmente il berettino verde si sporse da una delle finestre.
— Olà, che c’è?
— Di’, Candido, che fai?
— Ma va da Meoli a farti indorare...
Le voci si perdevano nel silenzio del giardino abbandonato, dove l’erba alta tremolava al soffio leggero del vento. Alcuni steli, sull’orlo del viale, si curvavano sull’erba calpestata, e pareva le domandassero chi le aveva fatto tanto male e tremassero timorosi anch’essi d’un ignoto pericolo. Che accadeva? Chi veniva a turbare la pace solitaria del luogo?
Adone decise finalmente d’andarsene: e appena rientrato cercò da mangiare. Trovò la minestra e la mandò giù avidamente; trovò un pezzo di burro e lo divorò; cercò ancora e fece sparire tutto quello che trovò. Di solito a quell’ora la cucina era deserta. I ragazzi lavoravano nella camera bassa, dove era stata aperta una finestra verso il cortiletto; Carissima lavorava e cantava nell’atrio.
Quando fu sazio egli salì dalla zia che stava nella sua camera, sepolta fra le sue sedie antiche e i suoi vasi di conserva. E le diede la gran notizia:
— Sai che al palazzo Dargenti c’è gente?
— Di già? — disse la donnina, con la sua voce indifferente. — Dicono l’abbia comprato una signora vecchia, di Parma. L’hai veduta?
— Una signora vecchia, vecchia? No, ho veduto Candido.