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126 | l'ombra del passato |
dere gli occhi. Nella sua grande stanzaccia, ove erano stati trasportati molti degli oggetti fuori d’uso che prima ingombravano la camera bassa ora tutta occupata dalle scope del Pirloccia, c’era freddo, e un cattivo odore, e un malinconico chiarore di luna e un rapido rincorrersi di topolini allegri. Adone aveva finito con l’affezionarsi a questi topolini, e spesso desiderava essere uno di loro, o almeno aver la facoltà di diventarlo.
Del resto, desiderava di diventare anche un uccello, una rana, una lucciola. Quella notte però i topolini gli davano fastidio: gli pareva che si rincorressero come Pirloccia aveva rincorso lui per i campi, dopo la scena della stalla. Dio, era possibile? Anche fra le bestie potevano succedere simili cose? No, non era possibile. Le bestie son tutte eguali, beate loro: non vi sono ricchi e poveri, fra le bestie: non è possibile che un topolino orfano venga preso in casa d’una sua zia e poi maltrattato così, come veniva maltrattato lui. Beati loro: ecco, egli non li amava più: li invidiava.
Piano piano si addormentò: e subito sognò un’isola tutta verde, circondata di pioppi: ma era un’isola coltivata: come nei campi della Tognina il frumento verdeggiava qua e là, e un popolo di pianticelle di granone s’affollava intorno ad un ciliegio fiorito. A un tratto Robinson apparve dietro la siepe, vestito di pelli, biondiccio, sorridente: conduceva due vacche al pascolo. Adone si mise a ridere: no, non era Robinson quello, era il maestro! Come era buffo, così, vestito di pelli, con