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l'ombra del passato | 127 |
le due vacche che pareva lo spingessero col loro soffio! Ma ecco, tutto ad un tratto, il sogno cambia, diventa orribile, così orribile che non si può raccontare. È sogno, è realtà? Per qualche istante Adone non sa spiegarselo. È proprio vero che Pirloccia lo bastona, sorprendendolo nel sonno?
— Così, vedi, così, vedi! Così non scappi, maledetto! Prendi, ecco, impara! Prendi.
Erano pugni alla testa, schiaffi, ceffoni. Sì, era vero! Il dolore era vero: la voce cattiva del piccolo uomo nero risuonava nel silenzio della stanzaccia illuminata dalla luna. I topolini non si udivano più: anch’essi avevano paura del terribile ometto.
Adone cominciò a gemere, a dibattersi, soffocato da un dolore mostruoso. No, nulla di quanto aveva finora sofferto, nulla poteva paragonarsi al dolore che provava ora. Gli pareva di morire.
Finalmente l’uomo lo lasciò e se ne andò. Per qualche momento ancora Adone si contorse sul lettuccio, con l’impressione che l’ometto continuasse a percuoterlo. Poi s’alzò, nudo sul giaciglio, e cominciò a urlare. La sua voce disperata riempì per qualche momento la desolazione della stanzaccia, sul cui pavimento i vecchi oggetti si delineavano immobili come cose morte. E gli parve che il suo urlo di protesta angosciosa riempisse tutto il mondo: ma nessuno l’udì, nessuno si mosse: il mondo, per lui, era pieno di anime morte, più insensibili dei vecchi oggetti sparsi sul pavimento della stanzaccia. Egli solo udiva il suo grido di-