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228 l'ombra del passato


Allora Agostino, intenerito, gli domandò notizie di Caterina, e se si sposavano presto.

— Sì, — disse Adone, scuotendo la testa ricciuta, — domani! Ci vuol altro!

— Quando c’è l’amore c’è tutto! — sentenziò Agostino, aggrottando le sopracciglia nude. E ad un tratto battè una contro l’altra le palme delle mani, le tenne attaccate, disse con malizia: — tanto più che voi signori avete pochi figli.

— Va là, sono calunnie! — Adone gridò.

— Davvero, davvero, sai! Come, non lo sapevi? Ti burli di me? Vedrai; scommettiamo che la nipote della marchesa non avrà figli?

— Che, si sposa anche lei?

— Quando si sposerà, dico. Mio suocero, il fabbro, (quello che voleva rifare il mondo a colpi di martello) dice che l’avresti potuta sposare tu...

— Scemo! — disse Adone, arrossendo.

Ma l’albino ribattè:

— Eh, vedi, Davide sposa una donna ricca!

— Sì, sì, — rispose allegramente Adone.

E ritornò verso casa. Nell’aja e nell’atrio i bimbi di Carissima e quelli di Andromaca giocavano e strillavano. IL pavimento dell’atrio era sporco di buccie di piselli e di fichi; il più piccolo dei bimbi, ancora lattante, trascinava il suo cestino di vimini strillando come un cagnolino bastonato: un altro mangiava la pappa seduto sullo scalino della porta, un terzo raccattava con attenzione un granellino di pisello e se lo portava alla boccuccia sucida. Le galline andavano e veni-