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l'ombra del passato 251


Anche il vecchio maestro, li solito taciturno e impassibile come il gufo al quale rassomigliava, pareva eccitato. Di tanto in tanto si sollevava a metà sulla sedia, con in mano il peker colmo di spuma di lambrusco (il primo ad essere servito, ad ogni nuova bottiglia, era lui) e accennava a dire qualche cosa. Ma non gli riusciva, o non osava, o aveva paura che la rosea spuma svaporasse prima che egli avesse finito di parlare. Fatto sta che tornava a sedersi, con gli occhi tondi fissi sul peker, finchè questo non gli veniva nuovamente colmato dalla silenziosa Tognina.

Finalmente, quando furono sturate le bottiglie di vino bianco, il vecchio maestro si alzò, col peker che pareva colmo di crema, e disse con voce tremula:

— Saluto il nuovo maestro! (Stese la mano verso Adone, sollevò la voce.) Come il vecchio generale si ritira dal campo di battaglia, dopo aver servito fedelmente la patria e il re... così io... così io... bene, insomma, così io mi ritiro e cedo la spada, ovverosia la bacchetta, al nuovo comandante delle nuove generazioni. Evviva il nuovo generale! Evviva il re!

E tornò a sedersi, bevendo in fretta il vino, dal quale era svanita la spuma. Mentre tutti applaudivano, Adone si alzò e s’inchinò tre volte, comicamente. Però, in fondo, si sentiva commosso: non si aspettava questo colpo di scena. Prese il bicchiere, andò vicino al maestro e lo baciò sulla guancia. L’altro si alzò ancora: toccarono i bicchieri.