Pagina:L'ombra del passato.djvu/297

Da Wikisource.

l'ombra del passato 293


Nonostante questa prova della bontà umana, Adone rimase triste fino al momento della partenza.

L’autunno rende sentimentali anche i giovani di vent’anni. La nebbia s’addensa sull’argine: gli alberi e i cespugli appaiono gialli tra i veli ondulanti dei vapori del tramonto, come pallide fiamme lontane. Cadono le foglie; e diventano nere come l’oro falso. Anche le illusioni umane cadono così: sembravano d’oro puro ed invece erano di metallo ordinario. Illusioni, speranze, sogni, tutto cade, come le foglie dall’albero. Che altro è l’uomo se non un albero? Nasce, spesso a caso, spesso in terreno ingrato, si copre di foglie, fiorisce, dà frutti secondo è coltivato. Ma spesso rimane selvatico; nessuno lo coltiva: i suoi fiori son belli, ma i frutti, se li dà, sono acerbi. E la primavera di queste pianticelle selvatiche è quasi sempre una sola: cadute una volta le foglie non rinascono più! Così pensava Adone, mentre dalla porticina del «teatro» guardava i pioppi avvolti di nebbia, e aspettava Jusfin per riconsegnargli le chiavi della scuderia. Inutile avvertire che egli si paragonava alla pianticella selvatica!

L’ex-cacciatore non tardò a comparire, nero e alto fra la nebbia. Ecco un albero che conservava le sue foglie nonostante l’autunno inoltrato!