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l'ombra del passato 51


Ella preparava i ruscellini di legno, li contava, nè faceva dei mazzetti che porgeva al marito. Egli pestava lo zolfo, lo scioglieva entro un pentolino collocato su tre pietre, fra le quali ardeva il fuoco; e immergeva rapidamente le punte dei ruscellini nella materia gialla bollente che pareva oro liquefatto. La vecchia poi riuniva ancora i mazzettini, a venti a venti, formando come delle piccole ruote che collocava una sull’altra. Così i zolfanelli s’elevavano in tante piccole colonne, intorno ai due silenziosi e melanconici operai, che parevano intenti ad un’opera magica.

Adone contava, senza mai riuscire a trovare il numero giusto, le ruote, i mazzetti, i fuscellini. Guardava entro il pentolino, starnutava, offriva il suo aiuto alla donna di legno scuro e all’ometto di legno giallo. L’una e l’altro rifiutavano. Allora egli chiacchierava e rideva. Rideva anche quando parlava di cose serie, discutendo, per esempio, se lo zio era andato in paradiso o nel purgatorio. L’inferno non lo ammetteva neppure per i più malvagi: al solo pensarci gli veniva voglia di cavar la lingua e fare tante smorfie.

Il zolfanellajo era propenso a credere che lo zio Giovanni si trovasse in purgatorio.

— Egli era un uomo onesto, — diceva seriamente, — ma anche lui aveva i suoi peccati. Qual’è l’uomo senza peccato, specialmente se è ricco!

I ricchi vanno tutti all’inferno, — diceva la donna, con gli occhietti conversi sul mazzetto di stecchini.