Pagina:La Donna e i suoi rapporti sociali.djvu/142

Da Wikisource.

137

italiane che insegnano ai loro bambini l’odio dello straniero, che serbano vivo ed immortale, come le vergini di Vesta, il sacro fuoco dell’amor di patria, lo abborrimento d’ogni transazione contro l’insolente usurpazione e, nè dalle carceri, nè dalle flagellazioni vengono domate. Sono le donne polacche che a cento a cento sfidano lo knout e la Siberia, impavide davanti ad una lotta titanica, che altro soccorso non trova che nell’inaudito valore di tutta una nazione di eroi.

E farei dei volumi, se tutti volessi porvi sott’occhio i fatti antichi e moderni che provano essere stato sempre il culto della patria principalissimo nei petti femminili.

Certo ai tempi nostri non occorre, siccome negli scorsi secoli adoratori della conquista, che una nazione invocar debba in faccia ad un supremo pericolo tutti i suoi elementi a combattere, per cui è la forza morale, è il lieto sacrificio che tocca alla donna. La guerra, ch’è per noi suprema necessità, sarà pei nostri posteri supremo ridicolo, e noi certo non chiameremo a prendervi parte anche chi vi è dai costumi nostri dispensato, chè sarebbe davvero retrocedere il mondo in luogo di spingerlo avanti; ma finchè quel giorno non sorga, finchè problema di vita e di morte si agita per tante nazioni, oh lasci la donna i gravi nonnulla di che finora occupossi e, vergognando di starsene inerte davanti a tanto lavoro, rechi ognuna la sua pietra al nazionale edificio colla parola, coll’opera, coi mezzi.

Non è egli tempo che la donna si ridesti alla coscienza dei doveri sociali, e più non si creda impotente ad utili e serie cose? Non è egli tempo che le sue giornate ed i suoi anni d’altre cose si riempiano che di quelle fastose bagatelle, che lo spirito le impiccioliscono, ed i più generosi sensi le atrofizzano? Non è egli tempo che il