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ribili disordini e distruggerebbe la sicurezza personale.

Chè cosa intende adunque la legge nello imporre al marito questa protezione?

Intende di gravare il marito di un dovere, ma di un dovere da marito; tuttochè illusorio, però le serve per giustificare tutti i diritti di cui vuole circondarlo. Dichiarato protettore, epperò responsabile, ogni misura, od intorno o sopra il suo protetto, divien logica ed equa, e la legge ha ribadito così l’arbitrio maritale.

Quella legge stessa però così vaga, così laconica, così speciosa sui doveri del marito, è quella stessa che sa molto bene determinarsi, amplificarsi e dimostrarsi nei doveri della moglie; e per primo le impone obbedienza, senza assegnare a questa obbedienza limite o confine, cosicché, in faccia a tanta completa passività imposta alla metà della popolazione, io non so più chè cosa si voglia intendere il legislatore, dichiarando irrito e nullo ogni contratto, che stipuli l’alienazione personale.

Ed invero, un rapido sguardo ai doveri della moglie ed ai diritti del marito, basterà per toglierci alla taccia d’esagerazione. Veniamo perciò ai logici corollarii della illimitata obbedienza.

§ 127. La moglie è obbligata ad abitar col marito, ed a seguirlo dovunque egli crede opportuno di stabilire la sua residenza. (Notate ch’egli solo giudica dell’opportunità locale del suo domicilio).

§ 128. La moglie deve concorrere al mantenimento del marito, quando egli non ne abbia i mezzi bastanti.

§ 129. La moglie non può stare in giudizio senza il consenso del marito. Se questi non voglia o non possa prestarlo, il Tribunale può autorizzarla.