Pagina:La Donna e i suoi rapporti sociali.djvu/210

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Ma se la legge fatta dall’uomo, è necessariamente altresì fatta per l’uomo, essendogli pressochè impossibile astrarre dal personale interesse; per lo meno, essendo la morale una, ed inalterabile, saranno in caso di contravvenzione strettamente pareggiati nella penalità?

Ciò non potrebbe essere, senza che la legge cadesse in una delle più grosse incoerenze. Distribuiti parzialmente i doveri, ne risulta una disparità di situazione, donde relativa dev’essere la colpa, epperò relativo il castigo.

Il § 486 del Codice penale, decreta che «la moglie, convinta d’adulterio, sarà punita col carcere, non minore di tre mesi, estensibile a due anni»; e che «il marito convinto di concubinato, sarà punito col carcere da tre mesi a due anni».

Per quanto giusta vi sembri questa disposizione non v’andate a credere, che stabilisca almeno in un punto un po’ d’eguaglianza. La legge ha trovato modo di sciogliere il marito da ogni pericolo, e togliere alla moglie ogni diritto di querela coi § 482 e 483, dichiarando che, la moglie può essere adultera dapertutto, mentre il marito non lo è, per lei, che quando si abbia tenuto la concubina sotto il tetto coniugale.

Ma forse che la legge ha così disposto nella impossibilità di constatare più chiaramente il concubinaggio per parte del marito? Domando scusa.

Quando la legge ammette la sorpresa in flagrante, dovunque, contro la moglie, non v’ha equità che possa vietare sul conto del marito la stessa ipotesi. Più. se contro la moglie, la legge ammette prove risultanti da lettere o carte dal complice scritte; non si vede equa ragione, per la quale le prove reputate legali contro la donna, non si reputino egualmente legali contro il marito.