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pestare, vilipendere. La donna non è, no, strumento dell’uomo, ma, al pari di lui, strumento della natura e delle leggi supreme che regolano l’umanità. Innalzarla nel concetto dell’uomo è innalzarla nel suo stesso giudizio, è renderla cosciente e pari alla dignità che le è propria, che dovrà interamente raggiungere.

Qualche osservazione intorno a noi. Io mi riferisco, s’intende, allo stato generale medio del nostro paese, così dissimile per la stessa sua configurazione rispetto al centro del progresso moderno.

Forse mai fu così ampio contrasto come quello tra la nostra generazione — parlo di coloro che nacquero contemporaneamente a me — e i nostri genitori e le nostre madri. Esse avevano ricevuto un’educazione che oggi a noi sembra quasi medioevale e con poca differenza la impartivano ai loro figli. Il soffio dei tempi nuovi annunciava è vero grandi sconvolgimenti in tutti i sistemi di vita; ma i nostri genitori, più intenti alle passioni politiche che a quelle sociali, sembravano ancora armati ferreamente dei loro principi contro ogni libertà individuale che si potesse svolgere nel campo della famiglia e della vita particolare di ognuno. Per essi la trasformazione fatale dell’individuo e però della famiglia pareva significare corruzione non progresso.

Tutte noi ricordiamo più o meno i fremiti della volontà troppo dominata, dello spirito contenuto, spesso anche del corpo esuberante e costretto ad inattività nocive, a volte morbose anche per la mente: quel rispetto ad un’obbedienza illogica che la parola dovere faceva odiosa. Molte di noi forse portiamo ancora oggi il peso di quegli errori: sane gioie impedite e mai più ritrovate, malinconie incancellabili, fantasia malata, tempo perduto irrimediabilmente, forse anche