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dalle patrie mura, sentendo bucinare attorno come il nemico — raccolte maggiori forze ne’ presidii vicini e riunitosi a que’ che attendevano di Venezia — sarebbe in pochi dì ripiombato sulla insorta città, incontanente di Lodi tornarono là d’ond’erano partiti.

Ma, in Milano il perìcolo di nuovi assalti era svanito. La immensa materia ribellante, che per tant’anni fermentava in Italia, come vulcanica lava sorgeva per ogni dove ad abbattere, ad isterpare il dominio odioso dello straniero. Il dolce nome di patria non più conteso sfiorava sulle labbra di tutti. Era un contento, una festa che sentia del delirio. E siccome l’antica speranza parve al popolo la fosse coapiuta ed immensa fiducia nudriva sull’amica fortuna, questo tornò alle usate faccende, ai piaceri. I Milanesi si piacquero assaporare sorso a sorso la gioia del riportato trionfo. Colpa non delle masse — le quali sogliono giudicar tatto indigrosso — ma di quelli che, scarsi nella sapienza de’ nuovi stati, continuarono ad essere i sopra dò della pubblica cosa.