Pagina:La Italia - Storia di due anni 1848-1849.djvu/80

Da Wikisource.
60

LIBRO QUARTO



Annunzio della Costituzione Viennese in Venezia. — Sprigionamento di Manin e di Tommaseo. — Breve conflitto del popolo cogl'imperiali. — Proclamazione della Repubblica di San Marco. — Le autorità austriache capitolano. — I ministri del nuovo reggimento. — Ritratto fisico-morale di Daniele Manin. — Due infinti amici di libertà. — Qual uomo Niccolò Tommaseo. — Incremento della rivoluzione; le schiere imperiali capitolano e sgomberano la città. — Cacciata del duca di Modena. — Unione di Massa e Carrara alle province toscane. — Tumulti in Parma. — Si stabilisce una reggenza. — Lettera del Duca. — Carattere di questo principe. — I costumi del figliuol suo. — Sono ambidue sbanditi d'Italia, e si stabilisce un governo provvisorio. — Atterramento dello stemma austriaco nei palazzi ambasciatorii di Roma e di Napoli. — Ultimatum dei Siciliani a re Ferdinando. — Grettezza politica del ministero napolitano. — Le milizie civili marciano per la frontiera lombarda. — I Milanesi si avviano verso il Tirolo. — I governi provvisorii.


L’austriaca potenza pareva sfumasse già.—Le sue prove di ferocia e di dispotismo le erano state contrarie. Il colosso basato sulla sabbia cadeva in isfacelo all’urto delle popolazioni che reclamavano una nazionalità indipendente. Il sangue delle vittime di Tarnow affogava l’aquila grifagna.

La speranza, la fede, l’amore avevano pur riunito in Italia ciò che il dispotismo — vincitore sui campi di Waterloo — erasi sbracciato a disgiungere. La nostra terra rinverginavasi tutta sotto il santo segno si sospirato e pianto, i cui colori erano salutati dalle moltitudini entusiaste come il premio di tanti patimenti, di tanti dolori, di tante morti, di tanta gloria avvenire che speravasi legare a’nepoti. Il consiglio) il volere, il grido, il palpito di ogni cuore accennavano un’èra nuova di fraternità e di nazionale indipendenza.

In Venezia, al pubblicarsi della iniqua legge sul giudizio statario, il popolo adunatosi sotto il palagio del governatore domandò la istantanea liberazione di Manin e di Tommaseo. Il Palffy cercò di transigere, dicendo quello scarceramento non dipendere da lui, ma dai tribunali giudiziari. Inutile la resistenza! I castelli delle prigioni furono rotti sulla metà del giorno 17 di marzo. I soldati stranieri si chiusero ne’ loro alloggiamenti. E i due cittadini, fatti liberi, vennero trasportati a braccia su delle sedie, tra immensi evviva e lo sventolare di pezzuole e di bandiere tricolori. Tommaseo non reggeva alla piena degli affetti e svenne. Verso la mezzanotte dell’indomani, il governatore — che da un piroscafo di Trieste avea ricevuto le novelle di Vienna — affacciavasi al verone del Palazzo ducale e vi faceva solenne lettura della Costituzione imperiale. Ciò allietava l’animo di quei pochi che ne’ già corsi avvenimenti non vedevano il principio della desiderata liberazione d’Italia, i quali, per ambizione, o per colpevole indifferenza si affidavano