Vai al contenuto

Pagina:La Italia - Storia di due anni 1848-1849.djvu/87

Da Wikisource.

65

le nobili speranze, patito quindi lo esiglio ed il carcere, trovossi all’escirne cangiato in uomo politico senza averne l’indole e le sottili dottrine. Innamorato di sè, cadde in peccato di vanità; in Venezia, sedente ministro; in Parigi, ambasciatore; e negli ultimi tempi della ostinata difesa, notando come tutti i popolareschi suffragi fosser rivolti a favore d’altrui, ei non valse a schermir» dall’intimo orgoglio, e fece chiaramente scorgersi antagonista del Manin, che pur tanto giovava all’onor della patria. Fu però suo pari in probità e in non curanza dell’utile proprio, dedicossi intero con ogni abnegazione alla causa liberatrice, e palesassi fido sino allo stremo al principio repubblicano da lui proclamato. Di elevati sensi, d’immaginazione assai desta, aspirante alla originalità nel fare e nel dire, può essere assomigliato ad una nave dalle vele spiegate che la si affidi alla incostanza de’ flutti priva di bussola e di timone.

La fortuna arrideva agli audaci. E siccome sulla laguna, lo sconvolgimento invadeva in terraferma tanti spazi quanti ne correva la fama delle cose di Vienna. In Trieste, gli uomini del metro e dell’abbaco eransi a quel nuncio abbandonati alla più sfrenata allegria. Gli affari sospesi; i pagamenti dilazionati; tutti a darsi tempone, cantando per le vie e gridando evviva alla Costituzione ed all’imperatore; una guardia nazionale veniva instituita per guarentire la pubblica sicurezza. In Vicenza, nel Friuli, in Bassano, in Padova le feste istesse; ma, senza espansività pel governo tant’anni durato. In Brescia stanziavano, oltre i croati, un battaglione di granatieri e il reggimento Haugwitz, formati di gente lombarda; questi, abbracciatisi cogli abitanti, combatterono con essi per redimere il paese da’nemici soprusi; onde, i forestieri, dopo breve pugna, ne partivano, capitolando. Capitolaron gli altri in Rovigo, in Treviso, in Belluno; ma nelle due ultime città furono stretti ad escire senz’armi e bagaglio. In Trento, la gioia rendette gli uomini più intemperanti; cominciarono col benedire alla libertà, alla eguaglianza e al vessillo dai tre colori che n’era il simbolo; corsero quindi alle porte del paese, e le bilancio, i pesi, i registri della finanza, per sino i danari della cassa dei dazi, tutto gittarono furiosamente nell’Adige; i finanzieri disarmati, rotti i loro corpi di guardia, saccheggiate le abitazioni degl’impiegati che riscuotevano gli odiosi balzelli. Un popolo a lungo depresso, sbrigliato, trascende. La guardia cittadina sorgea per incanto e fu rispettata insieme col magistrato municipale; ma, le aquile imperiali sparirono, e fin dalle esterne mura domestiche vennero strappate le placche di assicurazione che si avevano quel brutto emblema. Due morirono, un giovanetto ed un vecchio, ch’erano i più turbolenti ed indomiti nell’attaccar guerra contro le altrui proprietà; quindi tutto tornava tranquillo; però, gli affollati in sulla piazza espressero il voto al municipio di non voler più udir parlare di austriaci e di unire le loro sorti a quelle della Lombardia e della Venezia. In Mantova non si sparse cittadino sangue; ma gli animi si sollevarono a libertà; comandavano il forte il generale di artiglieria Gorzkowski, uomo snaturato e crudele, da oui ognun si attendeva minacce ed esecuzioni di stragi; e perciò si abbarraron le strade; uomini, donne, vecchi, fanciulli provvidero lo interno delle case di sassi, di macerie, di acqua bollente da scaraventar sui