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Tre giorni di poi egli partiva di Torino per Alessandria. Quivi assumeva il comando supremo dello esercito, dividendolo in due corpi d’armata; spediva gli avanguardi ed accelerava per mezzo del ministero di guerra la mossa degli sparsi reggimenti e lo invio delle munizioni; stipulava col governo provvisorio di Milano i capitoli che seguono:

« I. Le truppe di S. M. Sarda agiranno da fedeli e leali alleati del governo
«  provvisorio, ritenendo S. Maestà a tutto suo carico gli stipendi in corso e
« stando invece a carico del governo provvisorio ogni somministrazione di sus
« sistenza. A tal uopo l’esercito piemontese sarà assistito da’suoi commessari
« di guerra; potrà il governo provvisorio aggiungere quei controllori che crederà
« del caso. Le richieste per la somministrazione delle razioni di viveri e foraggi
« si giustificheranno mediante boni firmati dai rispettivi comandanti dei diversi
« corpi, i quali saranno mallevadori della loro esattezza numerica.

« II. Avendo il governo provvisorio sopra istanza del signor generale
« comandante Lecchi espresso il desiderio di avere degli ufficiali per la istruzione delle « nuove truppe che si stanno organizzando, il signor marchese Passalacqua « — generale di S. M. — accoglie la richiesta in quanto a quelli che non figu « rano nei quadri di attività colla condizione che gli ufficiali assunti dal governo « provvisorio diventino ufficiali al servizio di questo.»

Quindi, accommiatandosi dai suoi popoli con parole di affetto e di speranza, varcava l’antica frontiera a’29 del mese alla testa di 29,000 soldati, co’quali faceva ingresso in Pavia sulle vie sparse di fiori, tra grida di festa e di plauso indicibili.

In Italia — tranne il regno di Napoli e quello di Piemonte — non v’era organamento militare, e la carriera delle armi parea la carriera dell’oziosaggine, della ignoranza, della più completa nullità. Negli Stati di Toscana, di Roma, di Modena, di Parma, le scarse truppe non erano fornite da una regolare coscrizione che chiamasse allearmi tutta la gagliarda gioventù, ma da un volontario arruolamento formato dal contingente degli scioperati nelle infime classi. Ne’ capi, imperizia di cose guerresche, non curanza de’ propri soldati e, sovente, disprezzo per la bandiera presso cui rannodavansi. Ne’ subalterni, indisciplina, inettezza al servizio, nessun’onore. Gli è per questo che gli amatori della patria, certi della mala fede del Borbone di Napoli e della pieghevolezza nelle sue truppe a servirne le mire, ciecamente affidavano le proprie speranze nello esercito piemontese, di cui leggevansi nelle gazzette gli elogi i più sperticati. Erane però pessima la organizzazione, imperciocché, i coscritti a venti anni compiuti non servivano nella fonteria che per lo spazio di-quattordici mesi; quindi tornavano alle loro case, non obbligati sino alla età di 28 anni che al mantenimento del proprio vestito, alla rivista annuale nel loro mandamento e per cinque settimane— due volte in tale periodo— alla istruzione ne’campi d’autunno. Quei fanti, spirati i quattordici mesi di servizio attivo sino a tal’epoca, addimandavansi provinciali. Dai 28 ai 36 anni venivano classificati nella riserva. La quale si aveva l’obbligo di accorrere alle armi ogniqualvolta il Piemonte fosse minaccialo di guerra. In quattordici