Pagina:La Natura.djvu/283

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libro quinto 283

Nè pattuîr che moti dèsse ognuno;
564Ma perchè i molti semi in molti modi
Già da tempo infinito ebbero in sorte
D’esser da esterïori urti percossi
567E da lor gravità portati e spinti
Ad aggrupparsi in ogni guisa, e tutte
Provar le forme, che tra lor congiunti
570Crear potesser mai, quindi succede
Che, vagando per lunghi anni, e tentando
Ogni accozzo, ogni moto, alfine insieme
573Si acconcian sì, che combinati a un tratto
Formin di grandi cose ognor li stami,
De la terra, del mar, del firmamento
576E d’ogni specie d’esseri animali.
     Qui nè del Sole allor l’altovolante
Disco vedeasi in mezzo a una gran luce,
579Nè le stelle de l’etra ampio, nè il mare,
Nè il ciel, nè l’aere, nè la terra; nulla
Scorgeasi allora a queste cose uguale,
582Ma un certo strano scompiglio, un’immensa
Congerie nata da ogni specie d’atomi,
La cui discordia, in battaglia meschiandoli,
585Ne turbava gli spazj, i gruppi, i moti,
I passaggi, i concorsi, i pesi, i colpi,
Per la ragion, che differenti essendo
588Di figure e di forme, in tale stato
Rimaner non potean tutti congiunti,