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342 la natura

Abbian cause ed effetti, a ciò che, in parti
Diviso il ciel, non trepidi e vaneggi
117Nel cercar d’onde mai venga il volante
Foco, per qual mai verso indi si volga,
Come s’insinui in chiusi luoghi, e come,
120Poi che li dominò, quinci se n’esca:
De’ quali fatti non sapendo il volgo
Veder le cause in modo alcun, l’effetto
123Del voler degli Dei tutti gli estima.
Tu fra tanto, Calliope, accorta musa,
De’ numi voluttà, de l’uom conforto,
126Precedi il corso mio, la via m’insegna,
Che mi divide ancor da la suprema
Candida mèta al mio cammin prescritta,
129Perch’io colga, te duce, inclito un serto.
     Pria gli azzurri del ciel squassansi al tuono,
Perchè l’eteree nubi, alto volando,
132Scontransi da nemici euri sospinte;
Nè di fatto il fragor vien da serena
Parte di ciel, ma dove più s’ammucchiano
135Densamente le nubi, indi più forte
Nasce lo schianto e più frequente è il rombo.
Nè così denso corpo aver le nubi
138Possono inoltre come i legni e i sassi,
Nè sì leggiere poi, nè sì volatili
Quanto le nebbie sono e quanto il fumo:
141Poi che cader dal grave peso spinte