Pagina:La Vita Ai Tempi Eroici Di Persia, Uffizio della Rassegna Nazionale, 1885.djvu/21

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AI TEMPI EROICI DI PERSIA 19


Ma, anche con tutto ciò, tutti gli eroi dell’epopea persiana, che erano pur molti (e sola la famiglia di Gùderz ne contava settantadue, senza rammentar quelli della casa di Nevdher e di altre case), raramente si trovan soli in qualche grande impresa, anzi quasi mai non si trovano, essendo tutti impegnati, e insieme, in quella gran guerra secolare tra Irani e Turani, che forma il soggetto principale dell’epopea. L’eroe invece di cui si raccontano mille avventure, tutte fra loro indipendenti, come si legge dei paladini del poema dell’Ariosto, è veramente il gran figlio di Zal, Rustem; onde avviene che la figura bella e simpatica di questo grande guerriero spicca mirabilmente fra tutte le altre, come una figura solitaria in un grande quadro. Come tale che ama la caccia e la vita semplice del suo paterno castello, egli non prende parte come gli altri eroi alla lunga guerra tra Irani e Turani, ma solo si riserba di recarvi un possente e insperato aiuto quando le cose precipitano a male. Del resto, quando un grave pericolo sovrasta, il re degl’Irani suol mandare a lui un suo fido messaggero con la preghiera di accorrer tosto, perchè la sua terra natia ha bisogno dell’aiuto del suo braccio. Allora, il nobile guerriero, chiesta licenza dalla madre sua che l’abbraccia piangendo, dai castelli del Nimruz, discende al palazzo reale laddove l’attende il suo re. I principi e i sacerdoti; avuto l’annunzio del suo arrivo, gli muovono festosi incontro, e l’accompagnano alla presenza del re seduto in trono. Alla regal presenza egli bacia la terra e pronuncia auguri e benedizioni al suo principe che gli stende le mani e l’abbraccia, e lo fa sedere al suo fianco. Un lauto convito vien tosto a festeggiar la venuta dell’eroe, ed a ristorarne le forze, mentre, al mattino che segue, egli si pone in via per la nuova e rischiosa impresa a cui il cielo e il suo re l’hanno chiamato. Così, come leggesi, egli potè vincere i Dévi del Màzenderàn, e strappare il cuore e il fegato al Dévo Bianco che abitava in una tenebrosa caverna per guarirne col sangue la cecità del re Kàvus; così egli potè liberar l’esercito degl’Irani assediato dai nemici sul monte Hamàven e spaventar tutti i Turani con una sua freccia con cui egli uccise Eshkebùs e che quelli credettero nel loro stupore una lancia; così egli potè prendere la così detta città dell’Ingiustizia e uccidere Kàlùr empio e perverso che imbandiva le sue mense di carni di fanciulli; così egli potè uccidere il Dévo Akvàn che disperdeva le mandre dei cavalli reali, e penetrar nel Turan vestito da mercante e rovesciar la pietra incantata che chiudeva l’orrido speco in cui il giovane Bizhen era prigioniero, e vincere il re d’Hàmaveràn e sconfiggere Afràsyàb e togliergli dal capo