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la capanna dello zio tom


ficiali subalterni di pulire, lavar le stoviglie, assestare ogni cosa, per correre ad acconciare un po’ di cena al suo vecchiotto. Eccola dunque, innanzi al fuoco, tutta occupata a diverse fritture, a sollevar tratto tratto, con aria di profondo raccoglimento, il coperchio delle casserole, donde emanava un odore che annunziava senza fallo qualche cosa di prelibato. La faccia di lei, nera, paffuta, avea una tale lucentezza, che avresti potuto credere la fosse stata nettata con bianco d’uova, non altrimenti che una delle sue casserole. La fisonomia della buona Cloe, sormontata da un gran turbante screziato, raggiava di quell’interna soddisfazione, e, dobbiamo pur dire, alcun poco di quella alterezza, che ben si conviene ad una donna che venìa creduta, decantata come la miglior cuciniera del vicinato. Ella sentìa ben addentro, nel midollo dell’ossa e nell’anima, la dignità della sua professione; i polli, i gallinacei, le anitre del cortile aveano la tremarella nel vedersela avvicinare, e parea certo riflettessero sulla imminente lor fine, poichè ella dì e notte fantasticava come meglio schidionarli, acconciarli, arrostirli; e tale era l’espressione del suo volto, che facea paura a tutti i volatili. Oltreciò, i suoi intingoli, le sue salse, che sarebbe troppo lungo l’enumerare, erano una specie di sublime mistero per coloro che vi eran meno iniziati; e vi sarebbe stato ben di che ridere l’udirla a raccontare, non senza un secreto orgoglio, come le sue rivali inutilmente si affaticassero per raggiungerne la perfezione.

L’arrivo di forestieri in casa, il modo di allestire il pranzo, la cena con etichetta, risvegliavano tutte le potenze dell’anima sua, e nulla tanto desiderava vedere quanto un mucchio di bagagli scaricati sotto la veranda; perchè ella prevedeva nuove prove e nuovi trionfi.

La zia Cloe stava sorvegliando appunto allora il suo forno di campagna; e noi la lasceremo in queste sue geniali occupazioni per finir di descrivere la capanna di Tom.

In un angolo della camera stava un letto con sovr’esso una copertina non meno bianca della neve, e stendeasi, all’un de’ lati, un pezzo di tappeto, di una tal quale dimensione, ove la zia Cloe, sbrigate le faccende di casa, solea riposarsi. Questo angolo venìa tenuto in particolare riguardo e quasi luogo sacro, illeso, per quanto era possibile, dalle invasioni degli indiscreti ragazzi. Nell’altro angolo stava un secondo letto, di apparenza più modesto, che ben vedeasi destinato agli usi ordinarii della vita. La parete, sopra il camino, era adorna di stampe brillantissime, argomenti tratti dalla Bibbia, e d’un ritratto del generale Washington, delineato e dipinto in modo che l’eroe americano ne avrebbe fatto le meraviglie, se per avventura avesse potuto vederlo.

Sopra una rozza banca appartata, due garzoni dagli occhi neri, dalle guancia paffute, dalla testa lanosa, stavano sorvegliando i primi passi di