Pagina:La cavalleria italiana e le sue riforme.djvu/120

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La carica1, che non è altro che una marcia diretta più viva, più impetuosa che ha per obbiettivo il nimico, «è l’azione decisiva della cavalleria e forma il compimento della sua istruzione2». — Tale è adunque la sua importanza che ciascuno s’attendeva di vederla svolta e sviluppata; tutti i casi previsti; indicati i modi più opportuni relativamente all’arme da combattere; insegnati gli effetti del tiro e la gittata delle nuove armi rigate per regolare la distanza e la celerità delle andature; date infine tutte quelle altre nozioni che tanto influiscono sulla sua efficacia. — Invece un argomento tanto essenziale vi è sfiorato appena; le varie maniere di caricare vi sono accennate nel modo più superficiale ed incompleto; ed il primo precetto che vi si dà, se poteva essere buono anteriormente all’invenzione dei fucili e delle artiglierie rigate, oggi, il più delle volte non si potrebbe seguire senza pericolo di vedersi distrutti assai prima di cominciar la carica.

Eppure nel 1862, epoca in cui fu pubblicato il regolamento, non si dovevano ignorare gli effetti delle artiglierie rigate, che per la prima volta si mostrarono nella guerra del 1859, e che a Solferino gravissime stragi produssero, anche nelle riserve degli austriaci. — Nel 1862, non si doveva neppure ignorare che quelle artiglierie e tutte le altre armi rigate, erano generali in tutti gli eserciti d’Europa, compreso il nostro; per venirci poi ad insegnare qual primo precetto che «il reggimento essendo in marcia, e supposto a circa 200 passi dal nemico, il colonnello lo fa venire al porto delle armi, qualora già nol fosse3» — e quindi dà il comando di prendere il trotto per incominciar la carica!

Certo che trattandosi di caricare contro cavalleria, si potrebbe cominciare anche a quella distanza, poichè non s’avrebbero contro che truppe ugualmente armate; e non entrandovi affatto la lunga gittata delle armi da fuoco, non v’è nulla di

  1. Vol. 3° del Regolamento, § 2002 al 2012, pag. 349 alla 357.
  2. Ibid., § 2002, pag. 340.
  3. Ibid., § 2003, pag. 350.