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Pagina:La cavalleria italiana e le sue riforme.djvu/129

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fitta di palle che può lanciare un lato d’un quadrato di battaglione contro la fronte d’uno squadrone che va alla carica, nel tempo che mette a superarne lo spazio, che parrebbe non dovesse restare in piedi nè un uomo nè un cavallo; ma in pratica non è così1. — Quando il nimico è lontano e si sta al sicuro, si tira con calma e si tira giusto; ma più il pericolo avvicina, e più l’uomo a piedi, per l’emozione che prova, nel vedere la cavalleria venirgli addosso a tutta corsa

    potè vincere i prussiani con forze numeriche pressoché uguali, e e nonostante la superiorità del fucile ad ago.

  1. I seguenti ragguagli provano che si è perduto proporzionatamente più gente durante le guerre del periodo Napoleonico, in cui s’usavano armi liscie, che nelle guerre moderne, con tutte le armi perfezionate.
         Ad Austerlitz le perdite dei russi furono del 30 per 100 (0,30) della forza totale del loro esercito, e quelle degli austriaci 0,44. I francesi perdettero 0,14.
         A Wagram le perdite degli austriaci furono di 0,14, quelle dei francesi di 0,13.
         Alla Moskowa, i russi perdettero 0,44; i francesi 0,37.
         A Bautzen i russi e prussiani perdettero 0,14; i francesi 0,13.
         A Waterloo la perdita degli eserciti alleati fu 0,31, e quella dei francesi 0,36.
         A Magenta li 4 giugno 1859, la perdita degli austriaci fu 0,8, quella dei francesi di 0,7.
         A Solferino le perdite degli austriaci furono di 0,8, e dei franco-sardi di 0,10. — Die Cavalerie der Jetzizeit (La cavalleria attuale)
         A Custoza nel 1866 gl’italiani perdettero 0,5; gli austriaci 0,6.
         A Sadowa la perdita degli austriaci fu di 0,16; quella dei prussiani di 0,8. Le perdite maggiori degli austriaci, più che al fucile ad ago, debbono attribuirsi alle circostanze eccezionali di quella strepitosa giornata. Perchè prima, quasi completamente avviluppati, colla massa della riserva colta alla sprovveduta senza essersi nemmeno potuta spiegare; poi, completamente sconfitti e fugati per l’unica via di scampo verso Koenisgratz e i ponti all’ingiù dell’Elba, e gagliardamente inseguiti dalla cavalleria prussiana adoperata in quella guerra, con mano maestra.