Pagina:La cavalleria italiana e le sue riforme.djvu/48

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nomi che presto si dimenticano, e si finisce sempre col non capirne un’acca.

Nelle scuole militari, quei giovani decisi per la cavalleria dovrebbero essere addestrati con cura speciale nell’equitazione1, affinchè, una volta usciti, potessero compiere la loro istruzione pratica nei reggimenti, senza dover passar ancora un anno o due alla scuola normale di Pinerolo, per impa-

  1. Indipendentemente dagli esempi che noi troviamo in recenti istituzioni, non sapremmo dimenticare le lezioni che ci offrono gli antichi, che sono i nostri maestri specialmente su ciò che riguarda l’educazione ed il reclutamento della cavalleria. Ecco come i Romani assicuravano a quest’arma uomini e cavalli completi.
         «I giovani scelti per servire in qualità di cavalieri erano esercitati nell’equitazione in accademie accuratamente tenute.
         Quando erano arrivati all’età del servizio si facevano montare a cavallo prima senz’armi, sinchè avevano acquistata sufficiente abitudine a questo esercizio; indi con tutte le armi. Gli s’imparava a saltare e discendere tanto dalla destra che dalla sinistra, tenendo l’asta e la spada in pugno.
         Tutto questo lavoro si faceva individualmente, e quando erano abbastanza istruiti, gli si faceva eseguire la decursione o giuoco Troiano, ludus Troiae. Si formavano allora in due turme (plotoni o compagnie); una era composta dei più grandi, pueri majores; l’altra dei più piccoli, pueri minores. I nostri carroselli sono una pallida immaginazione di questi esercizi equestri.
         Le due truppe eseguivano simulacri di combattimenti, di marcie militari in armi e di lunga durata; si esercitavano a caricare il nimico, ad incalzarlo, a ritrarsi, a saltar fossi e siepi, a salir su scoscese colline, a passar fiumi a guado, in barca e a nuoto.
         Questi giovani così istruiti si mostravano nel giuochi del circo. Tiberio vi fu capo di una turma di pueri majores; Nerone vi si mostrò con successo prima di 12 anni: — Giulio Cesare nella sua gioventù, montato alla rovescia, cioè colle spalle verso la testa del cavallo e senza briglia, lo lanciava a tutta carriera colle mani incrocicchiate dietro. — Memoires de l’Academie des inscriptions.